IL COLLEGIO DELLE DEBUTTANTI VIZIOSE/10 – VIETATO AI MINORI
Le lenzuola pulite, tese, si stropicciano sopra l’affondare dei quattro corpi nudi. Alan abbraccia Margaret poi la fa inginocchiare. Guida il viso di lei tra le cosce di Charlotte mentre lui le apre le natiche e vi appoggia il glande enorme e paonazzo.
– Vediamo se la mia mano te l’ha aperto a dovere… Il mio cazzone di solito ha difficoltà a entrare nel culo perché è troppo… come dire… dotato! – commenta il maggiordomo mentre accarezza i glutei lisci e vi affonda con goduria i polpastrelli.
– Sììì… spingilo dentro… Sento che questa sera posso far passare anche il cazzo più grande del mondo – lo incita la ragazza priva di qualsiasi inibizione e controllo.
– Leccami la fica intanto… – la invita Charlotte mettendole davanti al viso la sua fica spalancata.
– Uhmmm com’è grande… e com’è buona… Mi piace vedere i tuoi succhi… – risponde Margaret iniziando un prolungato cunnilinguo.
Louis ha il petto contro la schiena tornita della cameriera, le manipola le mammelle e le mordicchia il collo. Lei ansima.
Margaret, intenta a leccare, vede sorgere tra le natiche di Charlotte il cazzo eccitato di Louis ed entrare tra le carni di burro dell’ano. Salire e scendere mentre l’orlo del foro continua a contrarsi.
La cameriera ha in mano un fallo e mentre continua a lamentarsi per il rincorrersi dei piaceri dentro i suoi orifizi, cerca la fica di Margaret. Le infila il cilindro e inizia a scuoterlo.
– Le nostre donne hanno tutti i buchi pieni! – annuncia Alan.
– Facciamole godere per bene… – prosegue Louis.
– Io sono già venuta davanti e dietro – risponde entusiasta Margaret.
Le nottate con Mark le sembrano ora così ingenue e poco fantasiose anche se con il professore ha un certo feeling, un’intesa più profonda che sconfina dalla sfera solo sessuale. Tra le braccia di lui si sente anche amata e questo rende qualsiasi tocco di lui, anche il più lieve, di una profondità infinita.
Comunque l’ammucchiata a cui sta partecipando è l’apoteosi dei suoi sensi e dei suoi desideri. Il corpo giunonico di Charlotte danza maestoso davanti a lei e la bocca della donna invade quella di Alan con baci appassionati che gli trasmettono, con soffi e gemiti, tutto il piacere che sta provando. La ragazza, affondata tra le cosce della cameriera, beve i suoi fiotti e allunga la lingua dentro la sua vagina spugnosa e tumida.
I due uomini, con colpi sempre più serrati, continuano a inculare le due donne. Louis spinge le sue mani fino ai seni di Margaret e li spreme con l’intento di sentirla gemere più forte e rubarle pezzi d’orgasmo, fremiti di godimenti sulla sua carne giovane, al primo appuntamento vero con il sesso più sfrenato.
I getti dei due uomini si spingono lontano, dentro il ventre di Margaret e di Charlotte. Loro li accolgono facendo serpeggiare le loro schiene sinuose, abbracciandosi, baciandosi. Stringono allo spasmo il retto intorno al cazzo, spremono tutto il succo prezioso, fino all’ultima goccia.
È un’alba fredda e tersa. Si disegna sulla finestra ampia e dalle tende completamente aperte. Il corpo di Margaret è il primo a risvegliarsi. È di nuovo pieno di desideri. Lentamente si muove fra gli altri tre. Inizia a leccare, baciare, toccare. All’improvviso sente una mano posarsi tra le cosce, accarezzarle il triangolo peloso. Poi qualcosa di duro lo raggiunge. Charlotte è sopra di lei. Si è infilata una cintura con appeso un grosso fallo e lo sta spingendo dentro la vagina. I gemiti alti e improvvisi di Margaret svegliano i due uomini che si deliziano nel guardare quell’amore saffico mattutino pieno di delicate carezze e di irruenti affondi negli orifizi.
Margaret infatti ha sprofondato tre dita nell’ano della cameriera, poi ha messo un bel vibratore, acceso al massimo, nel buco e mentre la donna le stantuffa la fica lei fa altrettanto con il buco posteriore dell’altra. I due uomini si eccitano. I loro cazzi lievitano, si inturgidiscono e reclamano.
– Ehi ragazze… serve una bella sega… – si fa avanti Louis.
– Charlotte prendimelo in mano e fammi sborrare… A vederti con quella bella troietta sotto di te che si dimena mi è venuta una voglia…
Le braccia della donne serpeggiano fra le lenzuola. Raggiungono i due cazzi, li stringono, li massaggiano.
– Vi facciamo una bella sega… – soffiano in coro prima di baciarsi.
Le dita femminili vanno avanti e indietro mentre gli ululati maschili si fanno sempre più alti.
– Sborro – urla per primo Louis, stringendo le dita di Margaret attorcigliate intorno al suo cilindro.
– Anch’io… sto venendooo… – fa di rimando Alan muovendo in modo spasmodico la mano di Charlotte e poi inondandola di sperma.
Le due donne si guardano.
– Veniamo insieme… Io di culooo… – dice la cameriera.
– Sì… insieme. Io di ficaa… – risponde la ragazza.
Incorniciato dalla finestra il sole a semicerchio giallo-arancio, spunta da dietro la terra fredda. Il cielo è di un rosa sfumato fino a diventare luce bianca verso l’alto. I primi raggi del mattino entrano dalla finestra. Rendono il profilo dei quattro corpi abbandonati e vicini di un oro luccicante. Forse non è il sole a brillare tanto, ma l’alone dei loro orgasmi che ancora affiora sulle pelli, le rende piene del calore del piacere e dona alla superficie vellutata una lucentezza tutta speciale.
Capitolo quinto
Il collegio è vuoto. Tutte le ragazze sono andate a casa per il fine settimana. Margaret è rimasta perché i suoi genitori sono all’estero e la preferiscono al sicuro in collegio anziché a casa da sola con qualche ragazzo a portata di mano! Anche Mark è andato via. Ha raggiunto la sua famiglia a Londra e forse anche la sua amante abita lì.
Ultimamente i loro rapporti si sono fatti guardinghi, c’è tra di loro una patina di sospetto che tenta di sabotare le loro passioni notturne, anche se i loro incontri non si sono diradati e hanno mantenuto il ritmo dei primi giorni. È ormai la fine di gennaio e la loro storia dura da quattro mesi. È rimasta segreta agli occhi di tutti. Quando sono in pubblico si comportano con indifferenza e lei, per evitare sguardi equivoci, ha rinunciato a frequentare il corso di lui.
Durante la giornata entrambi sono posseduti dal tarlo della gelosia. Il professore ha ascoltato pettegolezzi sulle notti folli al pub e, anche se lei nega, il suo corpo che si muove disinvolto e i suoi orifizi così rodati sono la conferma evidente delle sue avventure del sabato sera. La studentessa di tanto in tanto coglie gli sguardi di lui carichi di pensieri lontani, per un’altra donna, la sua compagna che abita a Londra. Inaspettatamente si è sentita pungere il cuore all’idea che lui posa amare e desiderare un’altra. È disposta a concedergli la trasgressioni di rapporti saltuari con altre ma il cuore, il cuore di lui, lei lo vuole tutto per sé.
Entrambi promettono a se stessi di non incontrarsi la sera. D’imparare a fare a meno del corpo e dell’anima dell’altro. Poi scende la notte e la camicia di seta si trasforma in ali di farfalla. La serratura in fondo alla scala scatta e resta socchiusa. I due amanti si cercano. Si ritrovano dentro al letto e tutto scompare. Restano solo loro due: vivi, reali, concreti. Appassionati l’uno dell’altra. I sospetti, le indecisioni giornaliere si dissolvono tra i baci. I gesti desiderati, immaginati in ogni istante della giornata, durante le spiegazioni alla cattedra e le passeggiate tra i banchi di lui, tra le chiacchiere squillanti e civettuole o le pagine studiate dei libri di lei, diventano concreti, assumono finalmente la consistenza sognata. Sono carezze pressanti, rantoli di desiderio. Ricerca del corpo conosciuto dell’altro e sempre sorprendente, eccitante in un modo diverso. Tra le coperte sentono di appartenersi al di là delle loro vite diverse, all’apparenza parallele. In fondo al loro essere hanno qualcosa in comune che li unisce, nonostante tutto. Non sanno cosa sia quel nucleo che rotea in fondo a loro e che li costringe a ritrovarsi. Per ora è una nebulosa di gioia indescrivibile, di piacere spiazzante, senza identità, ma incredibilmente potente che li attira come calamite l’uno dentro l’altra.
La giornata è piovigginosa e il prato di fili gialli, stopposi, trattiene le impronte delle scarpe di Margaret che cammina nel parco e si lascia bagnare dalle gocce piccole e serrate. Tra poco sarà bagnata da quegli innocenti frammenti d’acqua che sembrano evaporare tra i pori, tanto sono minuscoli. In realtà inzuppano pelle e vestiti. A Margaret piace quel gioco. L’ha sempre adorato fin da bambina. Restare fuori fino a che i brividi del freddo la scuotono e le gocciole d’acqua scendono dentro il collo dandole brividi sottili, incisivi dentro il corpo. Poi correre in casa, davanti al camino, togliersi i vestiti e asciugare la pelle al calore della fiamma. Sentirla bruciale davanti al fuoco e vederla arrossarsi, fremere. Sedersi davanti al camino, aprire le gambe, sfiorare le cosce, il pelo di seta. Iniziare ad accarezzarsi e poi… il languore arriva. La pioggia diventa rugiada di fica. I fremiti del freddo tremori di piacere.
Margaret è in attesa di raggiungere il culmine, di sentire il proprio corpo tremare più forte e chiederle di rientrare. Le nuvole bagnate toccano tutto, rendono il paesaggio surreale. Gli alberi sembrano sagome che aleggiano nel vuoto. Il terreno sotto i piedi ha perso consistenza e lei, macchia scura confusa nella pioggia, fluttua senza più una meta.
Il rintocco di un ferro battuto contro un sasso si fa sentire sempre più nitido e insistente. Si dirige verso quel richiamo. È per lei. Margaret lo sente. Si ritrova di nuovo davanti alla muraglia, alla lanterna che oscillando picchia contro la parete, alla finestrella, adesso aperta, con il vetro trasparente rivestito di un telo rosso.
L’ultima volta il drappo non c’era. Qualcuno è salito fin lassù.
Da dove?
Margaret gira dietro l’edificio. Tasta le pietre viscide in cerca di un appiglio, di un gancio magico che apra una porta segreta. Le sembra davvero di essere dentro un sogno o una storia fantastica.
Finalmente una porta bassa dal legno consumato. La serratura però e nuova e la grossa chiave gira facilmente, perfettamente oliata.
L’urlo arriva di nuovo, riempie la nebbia, si infila nel corpo di Margaret e lo fa sussultare. Adesso avrebbe bisogno di scaldarsi davanti al fuoco. Adesso vorrebbe tornare indietro anziché perdersi dentro quella porta che la inghiotte. La scala a chiocciola sale stretta e scura. È attraversata da un’aria fredda, che non conosce mai il tepore del sole, neppure d’estate.
Intirizzita e presa da una curiosità colma di paure la ragazza sale tenendosi alle pareti melmose, come fosse dentro a un pozzo. Un passaggio si apre all’improvviso sulla parete. È illuminato da una luce bianca. Margaret la raggiunge. Si trova in uno spazio ampio, arredato in modo spartano da attaccapanni appesi al muro, una scrivania con una grossa lampada verde appoggiata sul piano, sedie imbottite in pelle fermata con borchie d’ottone. Lo schienale dritto, austero. A Margaret quell’ambiente ricorda l’ingresso alle aule del collegio e lo studio di Miss Barrett. Una grossa stufa in ghisa manda un tepore gradevole e sembra aver tolto alle pareti quell’aspetto bagnato e lugubre e consegnando loro un elegante color perla da esibire.
Margaret si avvicina alla stufa, aggiunge un pezzo di legno alle braci e si asciuga al calore della fiamma scoppiettante. Si guarda intorno e cerca di capire dove si trova. I mobili e l’atmosfera che regnano tutt’intorno sembrano di un’altra epoca, appartiene a un passato lontano e pare che il tempo si sia fermato a un preciso momento della storia dell’edificio. La mancanza di polvere, gli ottoni lucidissimi e la cura meticolosa con cui sono appoggiati i pochi soprammobili sulla scrivania fanno pensare invece a una frequenza assidua.
In fondo alla fila degli attaccapanni Margaret scorge quattro mantelle appese di colore nero e una di un rosso acceso. Si avvicina per toccarle come se da loro potesse avere le risposte che cerca e tra le loro pieghe sia nascosto il significato sconosciuto di quel luogo.
Di nuovo l’urlo, questa volta più vicino e più prolungato. Ma non è di dolore. Ha qualcosa di familiare che la ragazza conosce e che le fa languire le viscere. Il lamento alto si ripete e Margaret lo riconosce. È simile al suo quando gode, quando Mark le fa raggiungere il paradiso mentre la penetra a lungo, facendole sentire tutto il peso del suo corpo, tutto il turgore del suo cazzo, nelle notti in cui decidono di “giocare” a violentarla e le spinge con foga la sua verga nella fica o nel culo senza alcun preliminare. Lei sente quel misto dolore-piacere che la fa impazzire, che la fa urlare di un acuto afrodisiaco e che il professore spegne baciandola in bocca.
Margaret segue l’eco sorda rimasta nell’aria e i gemiti flebili che ora le fanno da strascico. Trova la porta d’uscita da quel’ingresso scolastico, percorre un lungo corridoio spoglio, inquietante. Alla sua sinistra una lunga fila di porte aperte: aule, aule con banchi antichi, di legno, spaziosi perché vi possano sedere due allieve affiancate… cattedre eleganti, sontuose, dietro ampie lavagne appese alle pareti piene di aloni grigi lasciati dal tempo. Cartine geografiche ingenue, naif. Riportano, dentro i contorni delle nazioni, disegni di fabbriche in miniatura per indicare una zona industrializzata e greggi d’animali chiusi in una fattoria per indicare lo sviluppo agricolo. I nomi delle città, delle pianure sono scritte a china con tratti eleganti, in bella calligrafia. Tutto è pulitissimo ma congelato nel tempo, come l’ingresso.
I sospiri si susseguono, ora non smettono più. Vengono dalla penultima porta. Margaret si affretta a raggiungerla.
È chiusa. Bussa.
– Avanti! – risponde una voce invitante.
Margaret rimane sorpresa, è come se la stessero aspettando…
Abbassa la maniglia. Davanti a lei un corsetto rosso allacciato con stringhe strette su una schiena magra ma non scarna, la carne riveste le scapole, le spalle e le braccia di lembi morbidi, appoggiati in modo sensuale e messi in piacevole evidenza a ogni movimento. L’incavo della schiena, perfettamente visibile tra i lacci incrociati, sembra il varco che apre alle delizie di quel corpo sinuoso. Le braccia si alzano come ali, le spalle ruotano. Il corsetto si fa pieno di curve, stringe una vita da vespa, si allarga seguendo la linea dei fianchi e lascia completamente nudo il bacino e la loro curva ricorda la linea perfetta di una giara, di quelle più allungate, dove riporre le essenze. Anche i seni, polposi, leggermente pendenti, sono completamente scoperti e sostenuti dai due ferretti concavi del corsetto. La fessura della fica è evidente perché il corsetto termina, con un pizzo vezzoso e arricciato, appena sopra il monte di Venere.
Dita ossute percorrono quel corpo, se lo accarezzano, attraversano l’addome, i due seni, salgono fino al collo, toccano le labbra sottili, dipinte di rosso e il viso… i capelli, quei capelli! Sono raccolti in modo scompigliato, ciocche trasgressive escono dai pettini antichi, intarsiati e dipinti. Non sono tirati, obbligati a restare perfettamente in ordine da mollette invisibili e spruzzi di lacca, ma sono i suoi… Anche gli occhi, sono pieni di lampi lascivi anziché di severità e disciplina ma appartengono…
– Vieni Margaret, accomodati…
– Sì… Signorina Ba… Barrett… Lei… qui… vestita… Anzi così nuda e provocante…
– Ti aspetto da tempo, da quella sera che ti sei persa e il tuo Mark… ti ha salvata.
– Mark!?
– Non fare l’ingenua… io so tutto.
– Tutto cosa?
– Le tue corse notturne giù per le scale di servizio e poi… i vostri sospiri, i tuoi lamenti. Quante volte vi ho spiato! Sei proprio una bella porca e ho deciso che saresti stata mia. Sei qui per essere a mia disposizione.
La signorina Barrett si sposta e rivela la visione totale dell’aula, fino ad allora rimasta nascosta dal suo corpo incredibilmente eccitante.
Banchi allineati vuoti, tranne i primi tre dove sono sedute altrettante ragazze, tremanti e lascive, vestite come la direttrice, ma i loro corsetti e le loro calze a rete sono neri. Più avanti, sotto la lavagna, una scrivania.
Margaret sbatte le ciglia più volte, sorpresa e subito dopo eccitatissima. Una ragazza è piegata sul piano, il culo sporge tutto dal corsetto strettissimo e fa esplodere i due glutei tondi e abbondanti. Le gambe sono allargate e sono scosse da brividi di piacere. La fica, aperta, gocciola continuamente. Una pozzangherina trasparente si è formata sul pavimento. Le grandi labbra sono spesse e arrossate, segno di prolungate leccate e morsi improvvisi.
La ragazza è legata con cinturini in pelle e il suo viso guarda Margaret in tono di sfida: la vede come una rivale in oscenità e lascive deviazioni.
– Siedi Margaret – la invita la direttrice indicandole il penultimo banco. – Per ora assisti alla lezione, poi toccherà anche a te andare alla cattedra.
– Ma io non ho nessuna intenzione di… – si ribella la ragazza, non tanto perché teme “la lezione” della signorina Barrett, anzi quella proprio l’attira.
Le è bastato vedere l’allieva così sistemata che si è subito bagnata e un desiderio folle di prendere il suo posto ha invaso il suo corpo e la sua mente.
Margaret è un tipo istintivamente ribelle e gli ordini della signorina Barrett l’hanno sempre innervosita. È solo per quel motivo che vuole contrastare i programmi della donna.
– Obbedisci Margaret – comanda la direttrice. – Lo so che gli obblighi e le forzature ti fanno arrabbiare. L’ho notato come mi guardi, con un’ostilità profonda, quando impartisco ordini prima delle lezioni. Ma vedrai… ti piegherai ai miei voleri… a me non sfuggono mai le mie prede. Sai perché?
– No… – risponde spaventata la ragazza.
– Prima le individuo e poi scopro i loro talloni d’Achille e tu, mia cara, ne hai più di uno! – prosegue la donna in tono suadente ma sicuro, come se sapesse come tenere in pugno la sua allieva.
– Non credo che lei possa obbligarmi…
– Oh no, non ti obbligherò con la forza. Ci sono altri metodi, altre motivazioni molto persuasive. Tu sei una vera porca… lo so che sei già bagnata. Quella scrivania per te è una calamita… E poi c’è Mark, il caro professore di cui ti sei innamorata.
– Che c’entra Mark – scatta spaventata Margaret. – Sì è vero, mi piacciono questi giochi, mi fanno godere ma non sono innamorata di Mark.
(10-Continua. Nella foto: Lisa Ann. Per gentile concessione della Puleio Press)